Da Dierico di Paularo a Piano D’Arta
Questa tappa offre l’opportunità di apprezzare appieno la bellezza della Val Chiarsò (o Val d’ Incarojo) proponendo un percorso che la ridiscende interamente lungo il versante destro orografico. Alla continua superba visione del monte Sernio e della sua catena di cime si uniscono i profumi e
la dolcezza di una natura incontaminata. I campi ricavati come fazzolettini nei minimi spazi pianeggianti, gli stavoli in parte restaurati, i borghi e gli opifici che si attraversano testimoniano la vita difficile unita all’attaccamento alla propria terra di queste piccole comunità, che trova il suo apice spiri- tuale nella chiesa della “Madone dal Clap” (Madonna del Sasso) sorta in un luogo che trasmette serenità.

Riepilogo di Tappa
- PUNTO DI PARTENZADierico di Paularo
- PUNTO DI ARRIVO Piano D’Arta
- DIFFICOLTÀ Itinerario Escursionistico
- LUNGHEZZA 23.4 km
- TEMPO DI PERCORRENZA8 ore, 0 minuti
- AMBIENTEBassa Montagna
- ESPOSIZIONE Est, Sud
- DISLIVELLO IN SALITA 710 m
- DISLIVELLO IN DISCESA 900 m
- RIFERIMENTO CARTOGRAFICO Tabacco, foglio 09
- SORGENTI D’ACQUA No
- PERCORRIBILE IN BICICLETTANo
- PERCORRIBILE A CAVALLONo
- PRESENZA DI UNA PIEVENo

Mettiamo a tua disposizione dei documenti utili per il cammino scelto. Scarica la mappa e la descrizione dettagliata della tappa e il tracciato GPS.
Descrizione percorso
Dalla chiesa di Dierico si scende verso Sud (1) e, superato il ponte Foos sul torrente Chiarsò, si prosegue a sinistra per un breve tratto lungo la strada provinciale (attenzione al traffico automobilistico!) sino al bivio per Salino. Si sale ora a destra per poche centinaia di metri e poi ancora a destra seguendo l’indicazione stradale per Castoia. Al terzo tornante si lascia la strada asfaltata e si prosegue a destra (1a) lungo una strada ster- rata che si abbandona dopo il quarto tornante quando si prosegue a sinistra su sentiero (2) seguendo, fra l’altro, la tabella indicante “Al Santuario” (“Madone dal Clap”). Con l’avvertenza di tenere la destra e di proseguire sempre in salita ai vari bivi che si incontrano, si superano prati, stavoli e boschetti misti per prendere quota sino ad incontrare la strada asfaltata che sale da Trelli. Pochi metri su asfalto e poi a sinistra per salire in direzio- ne di in’ icona e da qui ancora a sinistra per portarsi alla vicina “Madone dal Clap” (3).
Dal piazzale della chiesa si segue una stradina sino a congiungersi con la strada asfaltata per scendere a Trelli. Giunti in paese, dal sagrato della chiesa (4 ) si attraversa tutto il caratteristico borgo e all’altezza dell’ultima casa si sale a destra (4a) per imboccare il sentiero che porterà a Valle di Arta Terme.
Superato un ruscelletto, ad un vicino bivio si tiene di destra per uscire dal piccolo bosco e proseguire con lievi saliscendi fino ad un ultimo stavolo affiancato da dei recinti per capre e pecore dove ha inizio la lenta discesa che porta ai Molini di Valle. Superato il ponte sul Riu di Valle (5), un sen- tiero con dei brevi tratti ripidi permette di portasi a Valle di Arta Terme e da qui, su strada asfaltata, alla vicina Pieve di S. Martino (6).
Fronte alla chiesa, si prosegue a sinistra per scendere a Rivalpo. Al primo incrocio si prosegue a destra per attraversare il piccolo borgo e iniziare la discesa. All’altezza dell’ultimo edificio si lascia la strada asfaltata per proseguire a destra lungo una ben marcata strada sterrata e, trascurando alcuni bivi che si incontrano, ci si porta nell’abitato di Cabia (7). Qui giunti, all’altezza della prima casa si sale a destra e, sempre tenendo la destra, si supera il paese per portarsi in piena campagna. Ad un vicino bivio si prosegue a sinistra (7a) su strada pianeggiante sino ad un ulteriore bivio (7b), dove inizia la discesa verso Piano di Arta Terme, indicata dalla tabella “Mondiali 2001”. Ad un primo breve tratto ancora su sterrato (7c), segue una comoda mulattiera che scende all’ombra di un bosco misto fino ad incontrare la strada comunale all’altezza di un complesso residenziale (8). Si scende a sinistra lungo Via Gortani e, tenendo la destra ad un bivio, ci si porta sulla strada provinciale 111; superato il ponte sul Rio Radina, si scende a sinistra lungo il Viale delle Terme e in breve si giunge all’ hotel convenzionato (9).
Da Dierico (1) a Salino si vedono campi coltivati, prati sfalciati e prati incolti, territorio di conquista del nocciolo, frutteti di melo, pero, ciliegio e macchie di abete rosso e frassino sia maggiore che minore; ai lati dei due corsi d’acqua che si attraversano è rigogliosa la vegetazione ripariale con predominanza del salice e dell’ontano
Lungo la pista forestale che parte dal quarto tornante (1a) della strada nei pressi di Castoia, si attraversano prati incolti in parte invasi dai noccioli, in parte lasciati alla mercé di noci, meli, peri e altri alberi da frutto inselvatichiti. La pista era stata costruita circa 25 anni fa per mettere in sicurezza il Bosco Melês, dove una tromba d’aria aveva sradicato gran parte del soprassuolo, mettendo in pericolo di frane e smottamenti i prati e le coltivazioni sottostanti.
Nel primo tratto del sentiero (2) che porta alla Madonna del Sasso (Madone dal Clap) si attraversa il Bosco di Melês: ancora oggi è possibile vedere i segni della tromba d’aria perché, a causa della natura impervia del terreno, molti tronchi e ceppaie non sono stati recuperati. Nella prima parte il bosco si presenta rado e composto principalmente da giovani piante di abete, faggio, castagno, carpino nero, roverella e tiglio, poi si fa sempre più fitto e “vecchio”: troviamo ora anche piante di grosso diametro di faggio, abete rosso, larice e ciliegio e, dove il terreno si fa più umido, di frassino. Il sottobosco conta viole, nontiscordardimé, polmonarie, anemoni bianchi e viola.
Una bella siepe di faggio conduce ad alcuni stavoli nei cui dintorni prati fioriti vengono pian piano invasi dai noccioli e da altri cespugli. Vecchi meli, ciliegi e noci non sono più curati. Si torna nel bosco dove, accanto a faggio, abete, larice e sorbo montano, si trovano l’acero campestre nei tratti
più ombrosi, il carpino nero e il castagno nei tratti più soleggiati.
I prati che portano alla Madonna del Sasso (3) sono ben curati e la varietà dei fiori che si alternano nelle stagioni richiamano la tavolozza di un pittore: gerani selvatici, margherite, botton d’oro, orchidee.
Lungo la strada per Trelli (4) il faggio la fa da padrone, accompagnato dal carpino nero, dal larice, dall’abete rosso e da qualche pino silvestre. Tappeti di erica in fiore spuntano fra l’erba secca. Vicino all’abitato prati curati si alternano a boschetti termofili dalla struttura molto irregolare in cui, accanto alle specie prima citate, troviamo anche tiglio, castagno, pioppo tremolo, salicone e sorbo montano
Superato il caratteristico borgo di Trelli, il sentiero (4a) porta in una zona graziosa dove prati falciati, campi, pascoli di pecore e capre si alternano
a boschetti di grossi faggi tormentati, giovani sambuchi, abeti, ciliegi, querce, noci e meli inselvatichiti. Nei prati vediamo meravigliose fioriture di botton d’oro, nontiscordardimé, viole, primule, trifogli, orchidee, genziane e margherite, ma tutta l’attenzione va ad un castagno enorme (1,5 metri di diametro!) che torreggia solo in un prato.
Proseguendo, dove il terreno si fa più arido e povero, troviamo un orno-ostrio-querceto, in cui le tre specie dominanti, frassino orniello (“Fraxinus ornus”), carpino nero (“Ostrya carpinifolia”) e roverella (“Quercus pubescens”) si mescolano a larice e pino silvestre. Pian piano il bosco si fa più alto e subentrano il faggio, il larice e l’abete rosso; il sottobosco conta nocciolo, le velenose lonicera e fior di stecco, acetosella, fragoline, ciclamini, erica, moltissima edera e rosa canina.
Al termine della discesa si incontra un vecchio mulino (5) contornato da una piantagione di abete rosso e da qualche noce, tiglio, salicone, frassino. Chi ha un po’ di pazienza e tanta curiosità può trovare la pinguicola, una simpatica piantina carnivora difficile da incontrare.
Passato il rio, si attraversa una faggeta in successione a una pineta di pino silvestre che ha colonizzato la zona impervia e sassosa, creando
quel po’ di terreno vegetale necessario all’insediamento del faggio. Fra rocce dalle forme incantevoli, aggrappati al poco e arido terriccio presente, troviamo ginepro, rododendro, erica e ciclamini. Non appena il terreno si fa più profondo i pini diventano alti e arrivano faggio, abete rosso, carpino nero, larice, ontano e sorbo montano; fra l’erba ecco erica, ciclamini, orchidee.
Alzatisi un po’, il bosco diventa una bella piceo-faggeta che lascia poi il posto a prati incolti in parte rimboschiti con acero montano.
Fra i prati gialli di ranuncoli e azzurri di nontiscordardimè, un viale di faggi e carpini bianchi conduce a Valle.
La chiesa di S. Martino (6) è contornata da boschi di pino nero, pino silvestre e larice, quest’ultimo dovuto probabilmente ad un vecchio rimboschi- mento; nel tratto che dalla pieve porta a Rivalpo si cammina all’ombra di boschi misti di latifoglie e conifere.
Superato l’abitato di Rivalpo, lungo tutta la strada che porta a Cabia si attraversano boschi misti latifoglia-conifere, con la presenza di abete rosso e bianco, castagno, carpino, frassino e, abbondante, il faggio che viene utilizzato come legna da brucio per i residenti delle due frazioni di contermini. Si superano numerosi stavoli abbandonati e le aree prative adiacenti mostrano i segni dell’abbandono, testimoniato dalla presenza del nocciolo. Nel tratto antropizzato che da Cabia (7) porta a Piano d’Arta (8), accanto a campi e prati sfalciati si possono vedere meli, peri, susini, ciliegi e noci ben curati; lungo il sentiero che scende a valle si incontrano numerosi esemplari di castagno, di rovere e di frassino frammisti ad abete rosso.
Le tappe
In origine il percorso era articolato in diciotto tappe, nel 2013 è stato esteso a venti, in dieci delle quali si incontrano le storiche Pievi Carniche e due Santuari, comprendendo le comunità e i territori dell’alta Val But, della Val Pontaiba e della Val Chiarsò, mantenendo la partenza da Imponzo di Tolmezzo e l’arrivo a Zuglio.